Si ritorna in sella dopo le feste con Peregrine Pharmaceuticals (PPHM) ed un gioco di parole per il quale non vale la pena di scervellarsi: mi serviva un titolo per l’articolo, Peregrine sta conducendo una fase 3 dal nome SUNRISE ed io credo che “Dog Day Sunrise” sia una delle più belle canzoni dei Fear Factory. Questo chiude il cerchio. Anche perché non si può parlare di alba di un giorno da cani per Peregrine, o comunque non specificatamente riferendosi a questi giorni. La compagnia ha vissuto diversi giorni da cani e diversi giorni da leoni, il tutto a seguito di un unico farmaco con caratteristiche uniche, sia nel bene che nel male: Bavituximab.

Come ho avuto modo di dirvi in passato, trovo difficile prendere una posizione su Peregrine. Mi spiazza. Non credo alle favole, quindi comincio subito dicendo che se Bavituximab avrà un futuro roseo, sarà probabilmente al di fuori di quella che è oggi la fase di sperimentazione più avanzata, ossia il tumore al polmone. Detto in altri termini, la rotta da seguire riguarda il filone legato all’immuno/oncologia.

Sempre con lo spirito di rendere le cose chiare fin da subito, Peregrine è Bavituximab, la pipeline finisce qui. Questo tuttavia non dovrebbe spaventare un investitore interessato alla compagnia perché fortunatamente Peregrine ha una fonte di guadagno indipendente: Avid Bioservices. Avid è una sussidiaria di Peregrine che si occupa di Good Manufacturing Practices (GMP), fornendo assistenza per lo sviluppo di farmaci ed altri servizi legati al mondo dell’industria farmaceutica in conto terzi, potendo vantare anche una notevole esperienza nella formulazione di anticorpi e proteine ricombinanti. Avid ha generato ricavi in costante aumento negli ultimi tre anni, passando da circa 8,5M$ nel 2011 agli oltre 21M$ dello scorso anno.

Peregrine aveva, al controllo effettuato al 31 ottobre, 44 milioni di dollari in cassa, in parte frutto di finanziamenti effettuati dalla compagnia (24M$).  Tale cifra dovrebbe bastare al management per arrivare a settembre 2014, quindi un periodo non eccessivamente lungo di tempo, ma sufficiente per passare alcuni eventi importanti quali ad esempio il prossimo ASCO.

Come potete vedere, non esiste un solo aspetto sul quale Peregrine possa lasciare tranquilli. In situazioni normali non mi occuperei più di una simile compagnia, ma trovo Bavituximab terribilmente interessante.

Breve riassunto delle puntate precedenti (che comunque trovate raccontate in articoli meno recenti).

Bavituximab è un anticorpo monoclonale che ha come bersaglio la fosfatidilserina (PS per gli anglofoni), un fosfolipide che si trova all’interno delle cellule sane ma che nel caso di cellule tumorali si riversa all’esterno della membrana cellulare, costituendo quindi un bersaglio ideale per una terapia mirata. Nell’immagine qui sotto si capisce meglio:

 

bavituximab moa

Le sfere arancioni sono la fosfatidilserina (PS) mentre le “Y” blu sono le molecole di bavituximab. Come vedete nella prima immagine di sinistra, nelle cellule sane la PS si trova internamente alla membrana cellulare mentre comincia a fuoriuscire nelle cellule tumorali ed in particolar modo quando queste vengono danneggiate da chemio o radiazioni. Più PS si trova all’esterno della cellula e maggiori sono le possibilità che bavituximab raggiunga l’obiettivo mentre l’assenza di PS nelle cellule sane preserva queste ultime dall’azione del farmaco, limitando gli effetti collaterali della terapia.

 

Bavituximab, legandosi alla PS, limita l’attività immunosoppressiva del fosfolipide, innescando una reazione immunitaria contro il tumore. Che la PS sia un target interessante per lo sviluppo di terapie antitumorali sembra un concetto in fase di consolidamento, purtroppo non grazie a peregrine. Un esempio dell’interesse attorno a questo bersaglio si può trovare in un articolo dello scorso ottobre pubblicato da Plos One riguardo modelli murini e cancro al pancreas, mentre i risultati di Peregrine su pazienti reali sono stati in passato oggetto di feroci controversie. Ad oggi si può solo affermare con certezza che il farmaco si trova in fase 3 per il trattamento di seconda linea del tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) e che non ha un partner. Non molto incoraggiante, vero?

Uno dei possibili motivi per cui il farmaco è ancora interamente di Peregrine (oltre alla gestione ambigua delle sperimentazioni condotte finora) è il mistero attorno al meccanismo d’azione del farmaco. La seconda giovinezza dell’anticorpo passa dalla possibilità di combinare il farmaco assieme a nuovi agenti, in particolare con checkpoint inibitori come Yervoy o Tremelimumab (anti-CTLA4). L’aver citato questi ultimi due anticorpi permette di tornare per un istante alla questione del nome del farmaco o, per meglio dire, della sua nomenclatura: il nome generico Bavituximab indica che il farmaco ha un’azione diretta sul tumore. Ciò è indicato dalla sillaba “tu”  del nome (“mab” sta per anticorpo monoclonale, “xi” per chimerico). Un anticorpo con azione sul sistema immunitario dovrebbe includere la sillaba “lim” o “li” (Yervoy si chiama genericamente Ipi-LIM-u-mab). Le proprietà immunoregolatrici di bavituximab sono una novità, il che autorizza gli scettici ad alzare sopracciglia in merito al reale meccanismo d’azione del farmaco ed in parte può spiegare anche la mancanza di un partner.

Peregrine sta cercando di ammassare dati (essenzialmente preclinici) che dimostrino l’attività sia sul sistema immunitario che sulla vascolarizzazione dei tumori e sta snocciolando i risultati delle conclusioni raggiunte ad ogni meeting. Tutto questo costituisce un bagaglio che va oltre alle applicazioni attuali del farmaco e che potrebbe essere la base per una piattaforma più avanzata con il medesimo target o con bersagli differenti.

 Bavituximab oggi.

 

Fatte tutte queste dovute premesse, la situazione ad oggi è piuttosto fluida. Bavituximab si trova in fase 3 ne trattamento del NSCLC in seconda linea, ma altri studi sono attualmente in corso, come potete vedere:

 

peregrine bavituximab pipeline_jan_2014_2

 

Peregrine ha scelto di concentrarsi sulla seconda linea del NSCLC, scelta in parte dettata dalla consapevolezza delle caratteristiche del farmaco emerse durante la sperimentazione. La decisione mi pare saggia alla luce dei primi dati emersi, permetterà di concentrare le risorse in un progetto con qualche possibilità in più. Da questo punto di vista è positivo notare come la FDA abbia raggiunto un accordo circa la conduzione del trial SUNRISE (anche se in mancanza di formale SPA, ossia di un protocollo speciale, ritenuto non necessario) e la recente concessione della fast track.

La cattiva notizia (non esistono mai aspetti completamente positivi per Peregrine) è che l’inizio della fase 3 senza partner rende il tutta la costruzione un po’ traballante.  E’ evidente che quanto visto finora non sembra essere stato sufficiente per trovare qualcuno disposto a spendere soldi in uno studio registrativo in quel’indicazione.

SUNRISE arruolerà circa 600 pazienti fra USA ed Europa (ovest) con NSCLC (stadio IIIB/IV) ed avrà una potenza dell’80% di individuare un vantaggio di 2 mesi rispetto ala sopravvivenza globale del braccio di controllo. Come penso saprete, SUNRISE non nasce sotto i migliori auspici. I dati della fase 2 sono stati minati da problemi relativi ad un centro di arruolamento ed a questa confusione va aggiunto il fatto che dei 3 bracci ( bavituximab 3 mg/kg, bavi 1 mg/kg e placebo) quello del controllo e quello attivo al dosaggio più basso si sono incrociati, generando un controllo ibrido che, comunque, è stato considerato attendibile da FDA.

Il 2014 inizierà con l’apertura di un trial nel quale l’anticorpo di Peregrine verrà affiancato ad un anticorpo anti-CTLA4 in pazienti affetti da melanoma. I dati preclinici avvallano questo tipo di combinazione, serve una conferma sul campo che, se raggiunta, darebbe una grossa mano nel trovare un Big disposto a puntare sula compagnia.

Altro aiuto potrebbe arrivare dagli altri studi in corso. Bavituximab ha fatto registrare un tasso di risposta impressionante nel trattamento del cancro al seno: 85% di ORR con un 15% di risposte complete (CR) in una popolazione estremamente pre-trattata e composta per circa un terzo da soggetti triplo negativi (TNBC).

Sarà sufficiente tutto questo per trovare un accordo vantaggioso? In parole povere, quanto è rischioso comprare ora il titolo?

L’unica certezza con Peregrine è che non esistono certezze. Devo dire che trovo molto interessante un farmaco come Bavituximab, anche per via di certe analogie. Prendetele per quelle che sono, sia chiaro.

Le prime similitudini che mi vengono in mente riguardano farmaci come CDX 011 o vintafolide, rispettivamente di Celldex (CLDX) ed Endocyte (ECYT), aziende delle quali vi ho già parlato in passato. I tre farmaci sono accomunati dal fatto di avere tre distinti bersagli del tutto innovativi. Solo Endocyte ha un partner, finora, capitalizza poco meno di 400 M$ e come Peregrine ha un kit diagnostico per la selezione dei pazienti che meglio potranno beneficiare del farmaco.

Altro aspetto curioso è che come SGI 110 di Astex (ASTX), altra azienda che dovreste ben conoscere, l’attività immunoregolatrice è stato un elemento emerso successivamente rispetto agli albori della sperimentazione. SGI 110 è stato il motivo principale, anche se non il solo, che ha spinto Otsuka ad acquistare Astex.

Peregrine capitalizza 270 M$, il che non è assolutamente poco, ma ha cassa e qualche asso nella manica da utilizzare. Pochi credono in bavituximab, nel management ed in tutto quello che ruota attorno a Peregrine. Se devo dirla tutta, nemmeno io credo in loro fino in fondo, ma la possibilità che la nuova natura del farmaco emerga potrebbe valer la pena di fare una puntata. C’è cassa fino a settembre? Diciamo che ci si può preoccupare di quello da maggio in poi.