mek pathwayMentre conviene iniziare ad attrezzarsi per l’imminente edizione, quella dello scorso anno è stato l’ASCO dell’immunoterapia, dei MEK inibitori e, soprattutto se Celldex non fosse stata esclusa per un cavillo, degli anticorpi coniugati. Mentre quest’ultima categoria si era già fatta strada attraverso farmaci come Adcetris di Seattle Genetics (SGEN) e in campo immunoterapico Provenge prima e Yervoy dopo avevano ottenuto l’ok di FDA, per quanto riguarda i MEKi, ancora manca un sigillo. Eppure negli ultimi tempi i successi sono evidenti, anche se su questi campeggia ancora un velo di scetticismo, almeno dal punto di vista del riscontro dei mercati. Questo è uno dei motivi per cui la quotazione di Array (ARRY) non riflette appieno il merito insito in due distinti programmi legati all’inibizione di quel percorso ed è forse uno dei motivi per cui AstraZeneca cincischia nel portare l’impegno con la small cap ad un livello superiore (leggasi fase 3). Da questo punto di vista Novartis sta facendo meglio con MEK 162, incalzata proprio da quanto fatto presagire durante l’ultimo ASCO da GlaxoSmithKline con lo studio METRIC.

GSK ha infatti dimostrato in fase 3 che inibire il percorso RAS-RAF-MEK-ERK utilizzando il proprio MEKi Trametinib ha condotto i pazienti affetti da melanoma e mutazione V600K e V600E al punto di ridurre il rischio  di progressione della malattia del 55%. Altra cosa che nell’occasione di ASCO fu portata all’attenzione del mondo farmaceutico e ce Trametinib stava dando risultati estremamente positivi anche in fase 1/2 in combo con un BRAF inibitore di casa GSK: dabrafenib. E’ stato subito chiaro che due farmaci che in monoterapia si stavano comportando in modo rimarchevole avrebbero avuto un potenziale enorme in combinazione.

Non è passato molto tempo, ma è cambiato il continente, quando poi Roche ha annunciato i dati della combinazione fra il loro BRAF inibitore Zelboraf ed un MEK inibitore preso in licenza da Exelixis (EXEL) GDC 0973, ex XL518. Lo studio in questo caso punta a verificare il beneficio dell’aggiunta di GDC 0973 a Zelboraf rispetto al solo impiego di zelboraf in pazienti naive a trattamenti, con melanoma che esprima la mutazione V600.

GlaxoSmithKline vs Roche.

 

Prima di occuparci dei MEKi di casa Array (ARRY), il punto su questo affascinante testa a testa. Fino a non moltissimo tempo i pazienti affetti da melanoma non potevano dire di avere una terapia approvata specificatamente per la loro condizione. Un mio amico si vanta di essere il più longevo utilizzatore di Temozolomide del pianeta, avendolo assunto sia per il melanoma che per le metastasi al cervello. Poi sono arrivati Yervoy e Zelboraf ed il futuro della terapia è quello di cui parlo oggi, per lo meno, sembrerebbe quello. Dal passaggio dal non avere terapie ad avere uno sviluppo così rapito, va riconosciuto un enorme merito alla ricerca, ed un discreto contributo per quel che verrà al testa a testa fra GSK e Roche. In attesa di Novartis.

Durante lo scorso (ed interessantissimo ESMO) dati decisamente positivi sono giunti da tutte e due le compagnie. GSK ha illustrato nella sezione orale dedicata al melanoma i dati della porzione di fase 1/2 nella quale è studiata la terapia di combinazione dabrafenib/trametinib in due dosaggi, uno con 1mg di MEK inibitore QD ed uno con 2 mg QD, meglio conosciuto come braccio “full dose”. Il tasso di risposta è stato del 54% e del 50% rispettivaente per il braccio di dabrafenib in mono e per la combo con trametinib ad 1 mg mentre del 76% per il braccio con trametinib “full dose”. Sempre in quest’ultimo si è registrato un tasso di risposte complete pari al 9% ed una progressione libera da malattia di 9,4 mesi, dato leggermente superiore alla combo con trametinib a basso dosaggio, che ha fatto registrare 9,2 mesi ma notevolmente superiore ai 5,8 mesi della mono-terapia (HR=0.39, p value <0.0001).

Stesso ESMO, ecco i dati della fase 1b della combo zelboraf GDC 0973. I numeri sono inferiori per quanto riguarda i pazienti trattati ed a complicare il tutto ci sono parecchi dosaggi con cui fare i conti, ma in soldoni si parla di un 16% di risposte (tutte parziali) ed un tasso di controllo della malattia del 66%. Non molto entusiasmante, visto quanto riportato da GSK. Dove Roche ed Exelixis fanno veramente i numeri è in un numero ristretto di pazienti BRAFi naive visto che viene fatto registrare un incredibile 88% come tasso di risposta.

Risposte complete per GSK, tasso di risposta maggiore per Roche.

 

Novartis ed Array, dalle ceneri dei MEKi una nuova strada.

 

Dall’inizio del nuovo millennio, non sono pochi i fallimenti che hanno interessato la prima generazione di MEK inibitori, ma questi hanno posto le basi per i successi odierni. La tossicità dei primi è stato un freno, così come la convinzione errata che colpire un solo anello della catena fosse troppo poco per contrastare malattie complesse come, ad esempio, il melanoma. Proprio in questo campo adesso sono visti come un’opportunità straordinaria.

Lo scenario per chi soffre di melanoma è cambiato, come dicevo. Dal non avere nessuna terapia ad averne due e notevolmente innovative come zelboraf, primo BRAF inibitore approvato e Yervoy, un immonoterapico il passo è stato difficile, ma tutto sommato breve. Ora il paesaggio è affollato, a baneficio dei malati e dello sviluppo che, come nel caso del carcinoma prostatico, sta viaggiando a velocità sostenutissime.

Sia Zelboraf che Yervoy hanno dei limiti evidenti, risposte poco durature e meccanismi di resistenza messi in atto dal tumore per sopravvivere che si dimostrano efficaci, notevolmente efficaci. Sia l’uno che l’altro comportano effetti collaterali piuttosto gravi e nel caso di Yervoy più di un dubbio sul rapporto rischio beneficio sarebbe da sollevare, se non fosse per la gravità della malattia.

Altro nodo da sciogliere riguarda l’ordine di impiego dei due farmaci, su cui gli oncologi ancora dibattono. Tutto questo si potrebbe superare se l’aggiunta di un MEK inibitore potesse superare problemi di tossicità e di durata delle risposte. Detto questo, Novartis ed Array come si inseriscono nel discorso?

MEK 162 in una fase 2 con 35 pazienti con mutazione BRAF e NRAS ha ottenuto 8 risposte parziali (PR) e 13 stabilizzazioni della malattia (SD) ma su 28 pazienti con NRAS mutato si parla di 6 PR e 13 SD. Sempre in questo gruppo la progressione libera da malattia mediana è stata di 3,65 mesi contro i 3,55 dei pazienti con mutazione   BRAF. MEK 162 è il primo farmaco a mostrare un chiaro vantaggio nella popolazione di malati con mutazione NRAS e questo apre la porta ad una nuova serie di possibili terapie di combinazione per questo gruppo di pazienti.

Novartis, che ha portato MEK 162 in una fase 3 che presto inizierà ad arruolare pazienti, ha aperto altri studi  nei quali il farmaco è testato con diversi TK inibitori o in mono-terapia:

 

MEK 162 – Studi in corso (febbraio 2013)
Stato Fase Farmaco in combinazione e meccanismo d’azione Indicazione
Arruola 1b BYL 719 PI3K Tumori solidi
Non arruola ancora 2 LEE 011 CDK 4/6 Melanoma mNRAS
Arruola 2 AMG 479 anti IGF-1R mKRAS colon-retto;  adenocarcinoma pancreatico; mBRAF melanoma
Arruola 1 BEZ 235 mTOR/PI3K Tumori solidi
Arruola 1 BKM 120 PI3K Tumori solidi
Arruola 1 monoterapia Sindrome di Noonan
Arruola 1b/2 LGX 818 RAF BRAF V600
Arruola 1 RAF 265 RAF Tumori solidi
Non arruola ancora 3 monoterapia mNRAS melanoma
Arruola 2 monoterapia mNRAS mBRAF melanoma
Arruola 1 paclitaxel carcinoma ovarico e del peritoneo
Attivo, non arruola 1 monoterapia Tumori solidi
Arruola 1 monoterapia Tumori solidi in pazienti giapponesi

 

Particolare interessante: Array ed Astex, tramite Novartis sono accomunate dalla sperimentazione in fase 2 su pazienti con melanoma e mutazione NRAS. Lo studio non sta ancora arruolando ma la combinazione dei due bersagli è decisamente intrigante. Array però, come ormai sapete, nn ha solo MEK 162, se si parla di MEK inibitori.

AstraZeneca, Selumetinib ancora ha addosso le ceneri dei capostipiti.

 

Se MEK 162 è stato il primo farmaco a mostrare beneficio in una popolazione selezionata di malati come quella con mutazione NRAS, Selumetinib ha fatto lo stesso per la mutazione KRAS nel tumore al polmone.

Perché Selumetinib non sia ancora in fase 3, anche se AstraZeneca abbia anticipato l’intenzione di iniziarne una nella seconda metà del 2013 è una curiosità non da poco.

Lo scorso ASCO Array ed il partner hanno annunciato i dati di una fase 2 su pazienti con tumore al polmone non microcitoma (NSCLC). Lo studio prevedeva che il trattamento di seconda venisse somministrato a pazienti randomizzati a ricevere Selumetinib e docetaxel o il solo docetaxel e che l’endpoint primario fosse la sopravvivenza globale. Il braccio contenente Selumetinib ha fatto registrare 9,4 mesi di OS contro i 5,2 del controllo con un tasso di risposta 37% vs lo 0% ed una progressione libera da malattia di 5,3 vs 2,1 mesi. Sebbene il dato relativo alla sopravvivenza non sia statisticamente significativo e quindi l’endpoint primario non sia stato raggiunto, il trend è drasticamente a favore dell’impiego di selumetinib.

AstraZeneca ha altre questioni a cui pensare ora, questioni nelle mani del nuovo CEO. Selumetinib paga l’inizio tragico che l’ha accomunato ad altri inibitori, ossia il fallimento in diversi studi di fase 2 tra cui il trattamento del tumore al polmone, del colon-retto e del melanoma. Quello di cui parliamo oggi è la versione riformulata del farmaco ed i risultati sono quelli che vi ho esposto in diverse occasioni, come nel caso del paragrafo precedente. La nuova versione riapre i giochi e gli studi in corso ne sono la prova. Non vi metto ne liste ne tabelle, ci vorrebbe troppo tempo, si passano i 20 fra quelli che stanno arruolando o che cominceranno a farlo a breve.

La mutazione KRAS nel tumore al polmone è una nicchia da 160 mila pazienti anno nei paesi maggiormante sviluppati che non ha opzioni terapeutiche mirate. Ora, vista l’importanza dal punto di vista commerciale di farmaci come crizotinib, che hanno fatto del trattamento di una nicchia (inferiore a quella a cui si rivolge selumetinib dal punto di vista della diffusione)uno dei loro punti di forza, la scelta di temporeggiare di AstraZeneca mi stupisce, ma fino ad un certo punto.

La concorrenza di Infinity (INFI) ed Arqule (ARQL), giusto per rimanere nel campo delle small cap che seguo, è molto indietro ma rischia di colmare il gap, se i dati saranno positivi, molto velocemente.

Nel frattempo, se chiedete ad Array, vi risponderanno che i loro sforzi sono indirizzati verso lo sviluppo di ARRY 520 e di ARRY 614. Oh, e che hanno un’altro MEK inibitore che pare funzioni abbastanza bene… chiedere a Novartis per conferma.