“Vorrei essere nato al contrario per poter capire questo mondo storto.”
(Jim Morrison)

Curis entra nel mondo dell’immuno/oncologia. Lo avrete letto ovunque negli ultimi giorni. Parzialmente vero, secondo me, poichè già con CUDC-427 poteva dire di avere quantomeno un piede nel promettentissimo campo degli immunoterapici. Poco importa, comunque.

Quello che conta in realtà non è tanto il fatto che Curis abbia deciso di dedicarsi ad una delle più promettenti e redditizie strade da percorrere nell’ambito oncologico, quanto alle differenze fra quello che intende fare Curis rispetto alla totalità degli altre compagnie contraddistinte dall’avere in pipeline un checkpoint inibitore.

Due sono le differenze sostanziali, anche se a prima vista potrebbero passare inosservate. Prima di parlare di queste però, qualche parola sull’altro programma. Il target? IRAK-4.

Se il bersaglio vi dice poco, nessuna preoccupazione: non sono in molti ad avere in pipeline farmaci diretti a quel particolare bersaglio.

irak4 nimbus

 

Al recente JPM15,  TG Therapeutics (TGTX) ha annunciato l’intenzione di far avanzare il programma relativo al proprio IRAK-4 inibitore (i cui diritti sono condivisi con Ligand) nella seconda metà del 2015. Tecnicamente parlando, se ci si limita a considerare le compagnie quotate in borsa, si tratta del programma più avanzato. Se da una parte questo pone Curis in una posizione decisamente favorevole, dall’altra può sorgere qualche dubbio circa la validità del bersaglio. Se così non fosse, perché così poche compagnie ci si stanno dedicando?

Andiamo con ordine. Le chinasi associate al recettore dell’interleuchina 1 (IRAK) sono componenti fondamentali del pathway  utilizzato da IL-1R (ovviamente), IL-18R e da alcuni TLR. Lo potete vedere chiaramente dall’immagine qui sopra, che ho rubato ad una compagnia privata dedita allo sviluppo di farmaci con target decisamente innovativi, tra i quali IRAK4, chiamata Nimbus Therapeutics. Sempre da quell’immagine appare chiaro il ruolo predominante di IRAK4 in relazione ad NF-kB, fattore di trascrizione che svolge un ruolo primario nella regolazione della risposta immunitaria (sia innata che adattativa), nell’infiammazione, nella proliferazione cellulare. IRAK4 può giocare un ruolo determinante in alcune malattie molto diffuse, specialmente laddove poche opzioni terapeutiche sono disponibili (mi viene in mente il Lupus), tuttavia può essere anche importante in alcune forme di linfoma (ABC-DLBCL) o nella macroglobulinemia di Waldenström (WM). Se queste due patologie vi suonano familiari è perché ne ho spesso parlato accomunandole, negli articoli su Idera (IDRA) ed il programma sui TLR. Anche nel caso dell’IRAK4 inibitore di Curis, grande risalto sarà dato a quelle malattie caratterizzate da mutazione di MyD88 (L255P), comprendendo quindi circa un paziente su 10 affetto da leucemia linfatica cronica (CLL).

Perché, quindi, così in pochi prestano attenzione a questo target? IRAK4 (ma vale per tutta la famiglia IRAK) è un target relativamente giovane ed in parte poco conosciuto. Sebbene siano voci che hanno bisogno di conferma,  mi risulta che Pfizer stia sperimentando un inibitore simile a quello proposto da Curis, Ligand e Nimbus. Anche se quest’ultimo fatto non trovasse conferma, IRAK4 si trova nella condizione nella quale è stato Btk fino a non molto tempo fa, con due compagnie poco conosciute come Avila e Pharmacyclics a fare da apripista, prima che (rispettivamente) Celgene e Johnson & Johnson decidessero di investire nelle due società. Oggi sappiamo che Imbruvica (allora era semplicemente Ibrutinib e prima ancora, quando scrivevo i primi articoli sul farmaco, PCI-32765) è uno dei farmaci più rivoluzionari degli ultimi anni, nonostante ciò non è che tutti si siano buttati su qual bersaglio, in parte a causa dello scarso successo acquisito finora dalla concorrente Avila.

Parziale validazione del bersaglio arriva per via indiretta, ossia attraverso l’inibizione di IL-1R. Farmaci come canakinumab e rilonacept, approvati per il trattamento della sindrome CAPS (Sindromi periodiche associate alla criopirina, un complesso di malattie genetiche infiammatorie). Ilaris, nome commerciale di canakinumab, è stato anche approvato di recente in Europa per il trattamento della gotta.

L’IC50 del farmaco di Curis rispetto ad IRAK-4 è di 6nM ed è 25 volte più selettivo rispetto ad IRAK-1, dati che sembrano essere in linea con quelli di Ligand/TG Therapeutics. Mentre l’intento di Curis sembra essere quello di orientarsi in applicazioni legate all’onco/ematologia, Ligand e TG Therapeutics sembrano prendere la strada che si snoda sul versante delle malattie infiammatorie, sebbene non sia ancora chiaro quale sarà il loro primo passo.

Rimanendo in casa Curis, i modelli preclinici sembrano evidenziare una notevole attività come agente singolo e la possibilità di combinate l’IRAK-4 inibitore con altri inibitori quali ibrutinib, idelalisib, Syk inibitori e ABT-199. Aspetto di notevole interesse poi è la possibilità di integrare nell’esistente pipeline il nuovo farmaco, aspetto che fornisce un valore aggiunto considerevole.

Idera (IDRA), compagnia della quale ho scritto in diverse occasioni e presente nel Portafoglio Biotech USA, sostanzialmente punta ad un approccio diverso nei bersagli, ma simile nel pathway, e si trova ad oggi a capitalizzare circa 350 milioni di dollari. Il vantaggio di Idera è di avere un farmaco che si è dimostrato finora tollerabile e di essere già a buon punto con la sperimentazione sia sui linfomi che sulla WM. Ipotizzando di sottrarre l’apporto della cassa alla capitalizzazione di Idera e di dimezzarne il valore, per avere una stima di quanto potrebbe essere attribuibile a Curis, il valore potenziale del farmaco potrebbe essere di 1,2$ ad azione.

Più difficile immaginare il contributo che potrebbe fornire alla causa l’altro programma preso da Aurigene, quello più avanzato, tra l’altro: il PD-L1 antagonista. Sebbene i programmi in fase di sviluppo che abbiano come target PD1 o il suo ligando siano in fase molto avanzata, condotti da compagnie di primissimo livello ed abbiano già dato esiti straordinariamente positivi in moltissime indicazioni, Curis può contare su due differenze fondamentali: la somministrazione per via orale ed il fatto che non stia sviluppando un anticorpo.

Pillole e una small molecule: questo potrebbe essere il profilo giusto per smarcarsi da una concorrenza decisamente ingombrante. Il mercato dell’immunoterapia, non c’è bisogno che ve lo dica io, è potenzialmente smisurato, nell’ordine di più di una decina di miliardi di dollari (chi dice 20, chi dice 30; conta l’ordine di grandezza) e vivrà proprio nel 2015 un momento fondamentale: inizierà l’era delle combo. Chiarisco il punto: a cominciare, con tutta probabilità, da ASCO15, si potrà dare uno sguardo ai primi esiti degli studi che impiegano checkpoint inibitori impiegati non più come agenti singoli, ma in terapie di combinazione.

Anche da questo punto di vista l’accordo con Aurigene va visto in ottica positiva, dato che Curis potrà contare su possibili combinazioni scegliendo fra i candidati della propria pipeline.

C’è, come è ovvio, anche un rovescio della medaglia. L’approccio al bersaglio impiegando un inibitore anziché un anticorpo non ha precedenti ed è quindi rischioso. Quello che al momento fa ben sperare è il fatto che la metodica di somministrazione sia un sicuro vantaggio, a patto chiaramente che il farmaco funzioni. I possibili elementi di differenziazione derivanti dalla natura del farmaco sono racchiusi nella differente emivita, misurabile in ore rispetto ai giorni (8-20) per gli anticorpi, e più in generale nella diversa farmacocinetica che potrebbe garantire una miglior distribuzione del farmaco rispetto ai tessuti malati. Anche dal punto di vista del costo delle vendite (COGS per gli anglofoni) sviluppare una piccola molecola avrebbe benefici enormi e consentirebbe di poter fare  ulteriormente pressione e concorrenza sulle compagnie che sviluppano anticorpi. Se prendiamo come Benchmark Opdivo (al secolo nivolumab) di Bristol-Myers Squibb, piazzato in Giappone a 143,000$ e che in USA dovrebbe aggirarsi sui 110,000$, è evidente che ci sia spazio per un trattamento che incida meno sulle tasche di assicurazioni e servizi sanitari pur mantenendo una elevata percentuali di introiti per la compagnia che la commercializza. Questo aspetto assumerebbe poi un valore ancora più importante alla luce di quanto detto prima: il futuro è delle terapie di combinazione, il che porterà le spese per un ciclo di trattamento a livelli esorbitanti.

Per quel che riguarda il valore di questo progetto, diventa difficile fare delle stime a causa del rischio legato alla natura del farmaco, tuttavia si può prendere ad esempio qualche compagnia che sta muovendo i primi passi in tal senso. Sorrento, prima che ci si mettesse di mezzo Patrick Soon-Shiong, anche grazie alla notizia di avere in cantiere un ADC anti-PD-L1/MET era arrivata a capitalizzare 200M$. Agenus, dopo aver acquistato 4-Antibody, è arrivata a capitalizzare circa 300M$. Penso che stimare l’apporto della componente I/O, usando le due compagnie come confronto, in circa 60M$ di capitalizzazione per Curis rifletta sia il rischio che la potenzialità del loro approccio. La somma dei due progetti più avanzati potrebbe quindi valere, con una stima prudente, 1,8$ ad azione per la compagnia americana. 

Vediamo il dettaglio dell’accordo con Aurigene:

Curis has issued to Aurigene approximately 17.1 million shares of its common stock, or 19.9% of its outstanding common stock immediately prior to the transaction, in partial consideration for the rights granted to Curis under the collaboration agreement. The shares issued to Aurigene are subject to a lock-up agreement until January 18, 2017, with a portion of the shares being released from the lock-up in four equal bi-annual installments between now and that date.

The agreement provides that the parties will collaborate exclusively in immuno-oncology for an initial period of approximately two years, with the option for Curis to extend the broad immuno-oncology exclusivity.

In addition Curis has agreed to make payments to Aurigene as follows:

Curis has agreed to pay Aurigene royalties on any net sales ranging from high single digits to 10% in territories where it successfully commercializes products and will also share in amounts that it receives from sublicensees depending upon the stage of development of the respective molecule.

 

La mia valutazione della compagnia in questo momento si basa su questi fattori:

  • In considerazione delle azioni da attribuire ad Aurigene e del fatto che le milestones dovute alla compagnia indiana sono per lo più legate ad obiettivi di commercializzazione
  • Non attribuendo nessun valore all’ex DEBIO0932 (per evidenti motivi)
  • Diminuendo il valore attribuibile alle royalties di Erivedge, a causa del lento incremento nelle vendite,  del ritardo nell’inizio del trial con Esbriet e della cancellazione di alcuni studi
  • Dell’impatto avuto dall’hold su CUDC-427
  • Dell’apporto di due programmi innovativi che potrebbero generare dati nel 2016
  • Della probabile presentazione di dati preclinici del PD-L1 antagonista ad ASCO
  • Dei promettenti risultati di CUDC-907
  • Ipotizzando che lo sviluppo futuro dei farmaci abbia necessità di notevoli investimenti
  • Della situazione debitoria della compagnia

In base a questi elementi e applicando una certa cautela nel determinare il valore di ogni singolo componente della valutazione ritengo che un price target attorno ai 4$ sia ragionevole. Comunque sia, quello di Curis è un mondo strano e i 4$ credo siano la base e che traguardi più ambiziosi siano alla loro portata. Sempre che non rovinino tutto, attività nella quale il management ha in passato eccelso.