La notizia si è persa nel bagno di sangue generale che ha travolto l’intero settore qualche giorno fa ma ha avuto parte nell’accentuare la brutta performance di Infinity ($INFI):

Following a recommendation by an independent Data Monitoring Committee (DMC), Gilead Sciences, Inc. (GILD) today announced that its Phase 3 study (Study 116) evaluating idelalisib in previously-treated chronic lymphocytic leukemia (CLL) patients who are not fit for chemotherapy will be stopped early. This DMC recommendation is based on a predefined interim analysis showing highly statistically significant efficacy for the primary endpoint of progression-free survival in patients receiving idelalisib plus rituximab compared to those receiving rituximab alone. The safety profile of idelalisib was acceptable and consistent with prior experience in combination with rituximab in previously treated CLL. Gilead has informed the U.S. Food and Drug Administration (FDA) of the plan to end the study and will engage in a dialogue with the FDA regarding a regulatory filing in CLL. Data from Study 116 will be submitted for presentation at an upcoming scientific conference.

La fase 3 chiamata “116” ha arruolato pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (CLL) non in grado di affrontare una chemioterapia e li ha trattati con Idelalisib e rituximab o con il solo rituximab. L’importanza di questo studio è notevole, visto che è ragionevole ipotizzare un futuro del trattamento in tal senso, con un anticorpo anti-CD20 ed uno dei nuovi agenti in fase di sviluppo fra Idelalisib, Ibrutinib, IPI 145, ABT 199 e, perché no, TG 1202 (magari con il compagno ublituximab).

Come va ad inserirsi questa notizia nella già martoriata storia di Infinity (INFI)?

Prima di tutto occorre fare un passo indietro, nel caso non abbiate letto gli articoli precedenti. Tutta la strategia di investimento che ha portato  all’ingresso di Infinity nel portafoglio biotech si basa sul concetto che IPI 145 possa trovare un suo spazio nell’affollato ed emergente mercato del trattamento dei linfomi, mercato che al momento sembra essere ad esclusivo appannaggio di Ibrutinib, Btk inibitore di Pharmacyclics (PCYC) e di Idelalisib, PI3k inibitore di Gilead (GILD). La partita si gioca su diversi fronti, quello temporale (chi prima arriva meglio alloggia, specialmente in termini di impiego off label), quello dell’efficacia e della tollerabilità e quello dell’impiego in combinazione con altri farmaci.

Infinity si trova indietro nella corsa all’approvazione e lo stop per efficacia di Idelalisib non aiuta certo la rincorsa, quindi la notizia di per se non è positiva. IPI 145 deve trovare una sua corsia, il che significa che deve differenziarsi da Idelalisib, questo è il succo del discorso. Non è un’impresa facile e la prima data importante nella quale la compagnia potrà dimostrare di essere in grado di adempiere al proprio dovere sarà ASH13. Giusto per chiudere l’argomento legato alla tesi di investimento, al momento dell’ingresso ho precisato che sarebbe quella stata una prima posizione, vediamo ora se è il caso di approfittare del recente tracollo ed incrementare (ndCK: l’articolo che state leggendo è stato scritto in parte prima dell’operazione fatta venerdì). Ovviamente il discorso è valido anche per chi voglia iniziare una prima posizione in questo momento: l’articolo di oggi dovrebbe rispondere a tutte le richieste che ho ricevuto in merito. La prima risposta che sento di dare a tutti quelli che sono preoccupati circa l’investire in Infinity è la seguente: è giusto essere preoccupati, l’investimento è di per se piuttosto rischioso. Se volete dormire sogni tranquilli la notte, lasciate perdere. Se avere paura è ragionevole, farsi però guidare da essa è quanto di più sbagliato si possa fare, sia come esseri umani che come investitori.  Vediamo se c’è motivo di temere per il futuro della compagnia.

Infinity, ASH è alle porte.

 

Ritorniamo per un istante alla notizia d’apertura articolo. Idelalisib ha ottenuto un successo rimarchevole in un contesto piuttosto particolare: un trial di combinazione con rituximab vs lo stesso rituximab in pazienti affetti da CLL. Il perché si sia giunti a questo studio è presto detto: Idelalisib in monoterapia su soggetti affetti da CLL non era sufficientemente efficace, a differenza di  IPI 145. Tre studi registrativi sono in corso: il ‘115 in combo con bendamustine e rituximab, il già citato ‘116 con rituximab ed il ‘117 con ofatumumab.

IPI 145 in fase 3 si confronterà con ofatumumab e lo farà in monoterapia. Qui sta il primo nodo da sciogliere. IPI 145 dovrà trovare un farmaco con cui essere somministrato perché, detto senza troppi fronzoli, il futuro è nelle mani della miglior terapia di combinazione. Combo è meglio, in parole povere. Detto questo e detto che Ibrutinib sembra essere destinato ad accaparrarsi gran parte del mercato della CLL, perché non ipotizzare una combo Btk/PI3k inibitore? A questo punto sarebbe il caso di determinare chi fra Idelalisib ed IPI 145 potrebbe essere il partner ideale. Prima di analizzare il motivo per cui credo che IPI 145 possa rivelarsi più efficace di Idelalisib, mi soffermo un po’ sul versante sicurezza. Infinity ritiene che il numero elevato di infezioni in pazienti affetti da rrCLL (CLL recidiva o refrattaria) sia attribuibile ad una mancata o non corretta profilassi, problema peraltro legato ad un unico centro di reclutamento (in fase 1 inizialmente la profilassi per le infezioni polmonari era a discrezione degli investigatori). Non mi sento di escludere che la peculiarità del farmaco (è un PI3k inibitore sia della forma delta che della forma gamma) possa incidere sulla tollerabilità del farmaco, ma visti i dati di Idelalisib si potrebbe anche supporre che il problema sia insito nella natura stessa di quel tipo di farmaco. In poche parole, migliorata la profilassi, il profilo di sicurezza di IPI 145 dovrebbe (condizionale d’obbligo) essere in linea con quello del farmaco di Gilead. Dal punto di vista dell’efficacia il vantaggio deve essere di un certo peso, perché a parità di tollerabilità e di risultati Idelalisib arriverà sul mercato ben prima di IPI 145. Detto che la partita si giocherà sulle terapie di combinazione e che nel segmento r/r CLL Ibrutinib sarà la pietra angolare delle future terapie, il farmaco di Infinity e quello di Gilead se la giocano principalmente in due fasce di mercato: la già citata CLL ed il linfoma non-Hodgkin indolente (iNHL).

Mentre nella CLL Idelalisib ha dovuto approntare gli studi registrativi di combinazione dei quali vi ho parlato prima, Infinity ha optato per la monoterapia, vista la presunta superiorità dal punto di vista del numero delle risposte. Nella sperimentazione su pazienti affetti da iNHL Gilead è considerevolmente in vantaggio anche su Pharmacyclics e presumibilmente otterrà il via libera da FDA verso la metà del 2014. Ricordate che indipendentemente dall’indicazione, ossia del tipo di malattia da trattare, arrivare ad un’approvazione consente l’impiego off label. Oltre alla fase 3 in partenza nel trattamento della CLL, Infinity ha in corso una fase 2 in pazienti iNHL che potrebbe servire in futuro (direi 2015) per aggredire una parte del mercato di Idelalisib. Fatte tutte queste premesse, vediamo di capire se IPI 145 può dimostrarsi più efficace di Idelalisib.

Gilead intende presentare domanda di autorizzazione al commercio presso FDA (ma lo stesso discorso si applica ad EMA) sulla base dei dati ricavati da una fase 2 ad unico braccio, strada che anche Infinity e Pharmacyclics intendono perseguire. La fase 2 in oggetto ha determinato un tasso di risposte pari al 54% ed una durata mediana delle risposte di 11,9 mesi su 125 pazienti. Come ho già avuto modo di dirvi in passato, IPI 145 ha fatto registrare un numero maggiore di risposte, ma su un campione limitato di pazienti: 68% si 19 pazienti valutabili ed un follow up mediano di 7,8 mesi. Tre sono gli aspetti fondamentali in questo caso:

  • tasso di risposte maggiore per IPI 145
  • basso numero di pazienti
  • follow up limitato nel tempo

Un maggior follow up (ossia un periodo di osservazione più lungo) potrebbe giovare ad Infinity che ha già potuto osservare un prima interessante durata delle risposte oltre ad una percentuale del 73% riferita ai soggetti rimasti nel trattamento oltre ai 6 mesi. I dati aggiornati ci permetteranno di capire se IPI 145 potrà essere considerato, se non il first in class, il best in class fra i PI3k inibitori. Il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che un periodo di osservazione (e dosaggio del farmaco) maggiore potrebbe portare ad un profilo di tollerabilità peggiore, ma se si considerano i concorrenti e si valuta questo tipo di impatto a parità di sviluppo del farmaco, continuo a credere che IPI 145 sia perfettamente in linea con gli avversari.

A maggior ragione, comunque, la maturazione dei dati potrebbe offrire un vantaggio enorme per quanto riguarda la CLL. Abbiamo già detto che IPI 145 è superiore a Idelalisib, al punto che il primo è in fase 3 da solo mentre il secondo ha necessità di un altro farmaco, cosa altro può emergere da ASH? Potremmo trovarci di fronte ad un tasso di risposte estremamente elevato, paragonabile a quello raggiunto da Ibrutinib.

 

PCYC ibrutinib ORR

 

Come vedete dall’immagine che vi ho allegato, il tasso di risposta di Ibrutinib in pazienti con CLL e linfoma a piccoli linfociti B (Small Lymphocytic Lymphoma – SLL) varia fra il 68 ed il 71%. IPI 145 ha ottenuto un tasso di risposta del 55%, dato inferiore, ma che viene reso interessante dal fatto che su 19 pazienti valutabili 14 hanno fatto registrare una risposta nodulare che, col tempo, potrebbe tradursi in una risposta parziale.

Vediamo la situazione lo scorso ASCO:

 

infi ipi 145 asco

 

Sui 22 pazienti valutabili si sono registrate 12 risposte parziali con 7 risposte nodulari (NR). Per raggiungere il tasso di Ibrutinib è sufficiente che 3 di quelle risposte si trasformino in PR (le NR non vengono considerate PR per i criteri di valutazione IWCLL). Il tasso di risposte parziali è salito in modo evidente a fronte dello scorrere del tempo e la trasformazione di NR in PR si è già verificata in precedenza. Al primo giorno dei cicli 3, 5  e 7 il tasso di PR è salito dal 33% al 42% fino al 55%, suggerendo proprio il fatto che una maggiore durata del trattamento apporti maggiori vantaggi in termini di risposte al farmaco.

Qui si gioca una buona fetta del futuro di IPI 145. Ipotizzare una combo PI3k/Btk non è di certo assurdo e dovendo scegliere fra IPI 145 ed Idelalisib il farmaco si Infinity potrebbe avere la meglio, approvazione o meno.

Gilead, in casa, può contare su una combo formata da Idelalisib e GS 9973 (un SYK inibitore), Pharmacyclis e Johnson & Johnson potrebbero trovare conveniente avere un PI3k inibitore già in fase avanzata nella propria faretra, se non addirittura in pipeline.