Il tutto inizia da un paziente di 33 anni con adenocarcinoma polmonare, non fumatore e senza precedenti di cancro al polmone in famiglia. Il tumore non mostrava segno di mutazione EGFR o KRAS e tanto meno di fusione EML4-ALK bensì un riarrangiamento di due porzioni di gene (KIF5B e RET) che causava una iperespressione di recettori RET, fatto che indusse i ricercatori ad ipotizzare un nuovo approccio terapeutico basato su tirosin-chinasi selettive nei confronti di questi recettori. In poche parole: RET inibitori. Sono passati pochi anni ed oggi abbiamo già qualche dato clinico su cui ragionare, oltre a diversi RET inibitori già approvati.

Mi voglio concentrare su 2 di questi, Cabozantinib di Exelixis (EXEL) e Ponatinib di Ariad (ARIA). In mezzo ci mettiamo Vandetanib, Sunitinib e Sorafenib. Giusto per far numero.

La parte 1 dell’articolo riguarda Exelixis e cabozantinib, inibitore di una moltitudine di chinasi, tra le quali anche RET. Il farmaco è approvato per l’uso nel carcinoma midollare della tiroide (MTC), indicazione nella quale l’espressione di RET è elevata, motivo che ha spinto Exelixis a tentare la via della commercializzazione per un mercato di nicchia, ma nel quale contava di vincere a mani basse. Principale concorrente di Cabozantinib in questa indicazione? Vandetanib di AstraZeneca, altro TK inibitore sul quale devo spendere due parole.

Vandetanib fu inizialmente indagato come EGFR inibitore di seconda generazione, salvo poi scoprire che era molto più specifico per VEGFR e RET, con IC50 rispettivamente di 40, 130 nM rispetto ai 500 nM per l’EGFR. Vandetanib, con il nome commerciale di Caprelsa, è approvato per il trattamento dell’MTC dopo aver condotto uno studio registrativo in doppio cieco, randomizzato 2:1, vs placebo e con endpoint primario la sopravvivenza libera da malattia. Il risultato finale è stato che i pazienti trattati con Vandetanib hanno ottenuto una beneficio in termini di PFS riassunto in un HR di 0,46. Approvazione scontata per il farmaco ma l’analisi dello stato di mutazione RET ha determinato che non esiste una correlazione forte fra questo e l’aumento (o la diminuzione) della PFS:

 

caprelsa vandetanib RET mutazione PFS in MTC

 

Come si vede dall’immagine, ho evidenziato il dato legato alla mutazione RET rispetto a quello dell’intera popolazione. Non si evince nessun vantaggio, pur essendo il campione di pazienti piuttosto corposo, visto che il 59% degli arruolati nel braccio di vandetanib si era dimostrato positivo quando è stata fatto l’analisi per determinare la mutazione. A dispetto di un netto vantaggio in termini di PFS e di risposte (44% vs 1%), in termini di sopravvivenza il guadagno è stato tuttavia molto modesto (HR=0,89).

Lo scorso anno poi arrivano i dati della fase 3 di Exelixis, lo studio EXAM. Si tratta anche qui di uno studio randomizzato vs placebo ed in doppio cieco ed anche qui i risultati sono stati straordinari in termini di PFS, con l’ovvio risultato di un’approvazione anche per il TK inibitore di Exelixis. In questo caso però, grazie ai dati presentati lo scorso ASCO, sappiamo che c’è una correlazione fra i benefici e lo status di mutazione. La PFS mediana nello studio EXAM è stata di 11,2 mesi per Cabozantinib vs 4 mesi per i placebo (HR 0,28). In 215 azienti (su 330) è stato possibile determinare lo status delle mutazioni, che nel 79% dei casi risultava attivata per RET, mentre nel 21% dei casi la mutazione non compariva. In 85 pazienti nei quali la mutazione RET non compariva o era ignota, 16 soggetti hanno mostrato una mutazione al gene RAS. Il tasso di risposta per i pazienti con queste mutazioni è stato in linea con quellodell’intera popolazione tratata con cometriq (il nome commerciale di Cabozantinib) ma la PFS è risultata decisamente maggiore per i pazienti RET+ (60 settimane) versus i pazienti negativi alla mutazione (25 settimane). I pazienti con RAS mutato hanno fatto registrare una PFS di 47 settimane, il che in parte potrebbe aver migliorato il dato dei pazienti RET negativi, che avrebbero potuto avere mutazione RAS. In quest’ultimo caso la differenza fra positivi alla mutazione RET e negativi sarebbe ancora più drammatica in assenza di mutazione RAS, il che ancora una volta suggerisce quanto possa essere efficace Cabozantinib in questo senso.

Sebbene i dati in possesso derivino da recenti analisi retrospettive, la mutazione (o riarrangiamento) RET nel caso del tumore al polmone fornisce spunti interessanti. I pazienti che hanno questo tipo di tumore sono piuttosto giovani, non fumatori, hanno lesioni di dimensioni contenute e rispetto ad altri tipi di mutazione hanno prognosi differenti, anche se il numero ridotto di soggetti valutabili suggerisce prudenza nel trarre conclusioni. I primi dati sembrano suggerire che in termini di sopravvivenza libera da recidiva la fusione RET comporti prognosi peggiore rispetto a mutazioni EGFR ed ALK, ma migliori rispetto a quelle del gene KRAS.

Cabozantinib inibisce un numero elevatissimo di tirosin-chinasi (VEGFR2 con IC50 di 0,035 nM, cMet con 1,3 nM, Ret con 4 nM, Kit con 4,6 e l’elenco continua) e nei primi pazienti con fusione RET ha già dimostrato una notevole attività, tanto da far iniziare subito uno studio di fase 2 sponsorizzato dal Memorial Sloan Kettering Cancer Center:

 

Exelixis, Inc. (NASDAQ:EXEL) today announced the initiation of two investigator-sponsored trials (ISTs) of cabozantinib, which simultaneously targets MET, VEGFR2 and RET. Naiyer Rizvi, M.D., a lung cancer specialist at Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSKCC), is conducting a phase 2 clinical trial of cabozantinib in non-small cell lung cancer (NSCLC) patients who have tested positive for gene fusions that activate RET. Anuj Mahindra, MBBS, member of the hematology staff at Massachusetts General Hospital (MGH), is conducting a pilot phase 1 clinical trial of cabozantinib in patients with relapsed or refractory multiple myeloma, a disease for which there is evidence of MET’s role in pathogenesis.

 

Era il 26 giugno 2012. La fase 2 sta arruolando 25 pazienti con fusione RET e vede Cabozantinib somministrato al dosaggio di 60 mg. L’endpoint primario sarà il tasso di risposta, quelli secondari la PFS, la sopravvivenza e la sicurezza del farmaco. Altro scopo dello studio è quello di identificare la frequenza di fusioni KIF5B/RET (o di altre varianti) in pazienti risultati negativi per altre mutazioni come ALK, EGFR e KRAS.

Ciò che ha spinto il MSKCC ad iniziare la fase 2, oltre al razionale costituito dal meccanismo d’azione del farmaco, è il risultato della somministrazione di Cabozantinib in 3 pazienti con fusione RET, uno dei quali in una variante prima sconosciuta: TRIM33-RET. I 3 pazienti hanno ottenuto due risposte parziali ed una stabilizzazione della malattia il che significa, anche se ovviamente il numero dei soggetti è bassissimo, un tasso di controllo della malattia del 100%.

I dati della fase 2 sono attesi per il 2015 e la competizione riguarda anche Vandetanib, dato che AstraZeneca ha iniziato lo scorso maggio una fase 2 su pazienti con tumore al polmone e riarrangiamento RET con esito previsto anche qui per il 2015, avendo l’obiettivo di arruolare solo 17 pazienti. Se una logica esiste nel ragionamento fatto finora, non mi aspetto che Vandetanib sia un concorrente temibile in questo mercato di nicchia. Discorso diverso potrebbe essere invece per Ponatinib di Ariad (ARIA), anch’esso coinvolto in una fase 2 che non ha ancora iniziato ad arruolare, ma che lo farà con l’obiettivo dei 20 pazienti e di fornire dati nel 2015…