Lunedì AstraZeneca (AZN) dava mandato a Goldman Sachs e Morgan Stanley  di monitorare ogni mossa della rivale Pfizer riguardo tentativi di acquisizione. Pfizer, dal canto suo, ha incaricato JP Morgan di studiare una possibile strategia che porti all’azienda britannica.

Nello stesso tempo, più concretamente, Novartis e GSK portavano a termine una trattativa che coinvolgeva anche Eli Lilly. Non male come scenario.

Il biotech non è morto, è vivo e scalcia.  Tutte queste attività hanno fatto bene al settore in generale, tanto che ieri l’indice ha avuto una notevole impennata, ma ha anche creato alcune situazioni da monitorare accuratamente.

La fusione fra AstraZeneca e Pfizer, attualmente virtuale, secondo me avrebbe senso. AstraZeneca è una sottovalutata protagonista del futuro dell’immuno-oncologia e ben si incastrerebbe con la promettente pipeline di Pfizer, che ha già qualche interessante in tale ambito (come PF-2566) ed ha palbociclib  che mantiene inalterato il suo potenziale nonostante l’esito degli ultimi dati nel trattamento del carcinoma al seno presentati all’AACR non possano probabilmente garantire un’approvazione accelerata.

Più complicato lo scenario che riguarda GSK, Novartis ed Eli Lilly. In linea di massima Novartis acquisisce i prodotti oncologici di GSK e cede  quelli legati ai vaccini (ad esclusione di quelli per l’influenza). Oltre a quello, cede ad Eli Lilly la divisione dedicata ai farmaci per uso veterinario.

 

nvs gsk lly

 

L’accordo fra GSK e Novartis riguarda i prodotti già commercializzati dalla prima, il che significa che GSK continuerà a sviluppare i farmaci che ha in cantiere, con l’azienda svizzera che diventerebbe il partner di preferenza in caso di commercializzazione. Poco chiari gli altri dettagli dell’accordo.

Una delle prime implicazioni che mi vengono in mente riguardo questo accordo è che Novartis ha già una combo MEK +BRAFi in fase di sviluppo e accedendo a Tafinlar e Mekinist sembra validare la tesi che gli svizzeri non credano alla loro. Poco male, se non fosse che uno dei due farmaci, MEK162 è preso in licenza da Array (ARRY). Male per loro, che martedì ladciano sul campo oltre il 3% in una giornata nella quel qualsiasi biocrosta ha fatto registrare salite cospicue. Male per Array quindi, ma bene per Exelixis (EXEL) e Roche, dato che anche loro con Cobimetinib e Vemurafenib rispettivamente sono della partita.

Tafinlar e Mekinist si trovano in una situazione particolare, già approvati in USA grazie ai fati della fase 2, hanno da poco concluso positivamente la fase 3 che potrebbe in un futuro garantire anche l’approvazione in Europa, dopo la recente decisione di ritirare la domanda nel nostro continente a causa dei dubbi del CHMP riguardo il rapporto rischio/beneficio della combo.

Nella stipula, parte della cifra che Novartis dovrà pagare a GSK è legato all’esito dei risultati di COMBI-d, con riferimento alla sopravvivenza globale. COMBI-d è lo studio che vede Tafinlar e Mekinist versus il solo Tafinlar (dabrafenib, il che spiega la “d” nel nome dello studio). Se il risultato sarà positivo alle casse di  GSK arriveranno 1,5 miliardi.

 

GSK  novartis

 

Mentre la pipeline di Novartis in ambito oncologico sarebbe questa:

 

Novartis oncologia dopo GSK

 

Dall’immagine qui sopra risulta evidente che c’è una evidente ridondanza per quel che riguarda gli inibitori di MEK e BRAF. Dabrafenib (Tafinlar) ha ricevuto la designazione a Breakthrough Therapy per il trattamento di soggetti con tumore al polmone e mutazione V600E che abbiano ricevuto almeno una terapia a base di platino, il che potrebbe giustificare l’interesse di Novartis, meno semplice immaginare il motivo che riguarda Mekinist se non, come dicevo prima, sulla base del fatto che ritengano MEK 162 inferiore.

 

La divisione oncologica di Glaxo Smith Kline ha fatturato circa 1,6 miliardi di dollari (960 milioni di sterline) nel 2013 e l’accordo appena siglato vale 16 miliardi di dollari, Novartis ha quindi sborsato 10 volte tanto le vendite dello scorso anno. Avrebbero potuto impiegare meglio quel danaro?  Credo proprio di si. Anche se in questo modo tutti sembrano guadagnarci: Novartis qualche vuoto in ambito oncologico lo colma, GSK diventerebbe leader nel segmento vaccini e mercato OTC e Lilly diventerebbe una protagonista di primissimo piano del mercato dei farmaci per veterinari. Ecco, forse in quest’ottica ha più senso, ma Novartis sembra essere quella che meno ha guadagnato.

Un’ultima conclusione di carattere pittoresco: sia l’accordo fra GSK e Novartis che la possibile unione che coinvolgerebbe AstraZeneca avrebbero ripercussioni per Array. Come già detto, Novartis sta sviluppando il loro MEK inibitore, ma anche AstraZeneca sta facendo lo stesso con un’altra creatura di Array: Selumetinib. E’ curioso che ci sua tutta questa attività attorno a questa classe di composti, che dipenda dal fatto che Roche (che Novartis sta inseguendo disperatamente) abbia scoperto un possibile agente di combinazione per il proprio anti-PDL1 in Cobimetinib?

Altro aspetto curioso è che Novartis abbia messo le mani su una piattaforma di checkpoint inibitori attraverso la recente acquisizione di CoStim. Un caso?