Va da se che appena pubblicherò questo articolo, il titolo crollerà. Mi fa piacere notare che l’articolo su Galapagos ha riscosso un certo interesse fra i lettori. L’idea era quella di proseguire lungo il filo conduttore dell’artrite reumatoide e parlare di Rigel (RIGL) alla quale ho già fatto degli accenni. Oggi ho cambiato idea.

Celldex Therapeutics è una compagnia molto seguita da chi legge questo blog, lo avevo già notato quando seguimmo in presa diretta il rilascio dei dati dello studio EMERGE e li commentammo ancora caldi.

Torniamo per un secondo a quel momento. Dopo il rilascio dei dati ad interim di EMERGE, fase 2 che sta vedendo impegnato CDX 011 nel trattamento del cancro al seno in pazienti già pesantemente pretrattati, in molti hanno accolto i numeri con scetticismo.

Un errore per due motivi fondamentali, come già ebbi modo di scrivere a suo tempo. In primo luogo i dati erano molto buoni, in secondo luogo davano luogo ad chiara strada verso l’approvazione accelerata del farmaco. Anzi, a voler essere precisi, ad almeno due strade. Molti critici hanno nel frattempo cambiato idea ed il mercato ha mostrato la stessa tendenza. Il titolo viaggia sui massimi degli ultimi due anni e nonostante ciò la compagnia capitalizza circa 350 milioni di dollari, cifra che la rende appetibile vista la potenzialità di crescita che riflette la pipeline.

Cosa non andava allora, al momento del rilascio dei dati? CDX 011 è un anticorpo coniugato ad un antitumorale di notevole efficacia. La tecnologia che ha permesso un simile prodotto è quella di Seattle Genetics (SGEN), quella di Adcetris tanto per capirci, ma è anche parente di quella di T-DM1 di Immunogen/Roche, farmaco che ha lasciato e sta lasciando tutti a bocca aperta e che trova anch’esso impiego nel trattamento del cancro al seno. Il principio è elementare, l’anticorpo stana il tumore, l’antitumorale lo aggredisce.

EMERGE arruolava pazienti in base ad un criterio molto semplice, il bersaglio dell’anticorpo è la glicoproteina NMB (GPNMB). I pazienti quindi per trarre beneficio dal farmaco necessitano di esprimere la glicoproteina nelle loro cellule tumorali e in linea di principio, più viene espressa e maggiori sono i benefici. Celldex ha quindi provveduto a stratificare i pazienti arruolati in funzione dell’espressione di tale glicoproteina e per tipologia di tumore, avendo già riscontrato ottimi risultati in quello triplo negativo.

Qui occorre spiegare un paio di retroscena, per chi ai tempi non abbia seguito la compagnia o letto il mio blog. Il primo è che per un errore di natura paradossale, l’abstract che avrebbe dovuto portare i dati dello studio ad ASCO12 non è stato accettato, costringendo la compagnia ad organizzare una conferenza per esporli. Prima della conferenza sono arrivati a noi via comunicato stampa, anche qui  situazione rivedibile però, ed arriviamo al secondo retroscena. I dati sono stati snocciolati attraverso una tabella che riportava le risposte suddivise per il livello di espressione della glicoproteina in percentuale, senza precisare che tali livelli fossero stati fissati al momento del disegno dello studio. Senza questa informazione molti commentatori si scagliarono contro la compagnia rea, secondo loro, di aver scelto livelli arbitrari per poter presentare numeri positivi. La conferenza del giorno dopo chiarì la questione e fugò molti dubbi, rendendo i dati ancor più  interessanti, a mia modesta opinione. Rivediamoli brevemente.

Nell’intera popolazione ITT CDX 011 ha mostrato di poter fornire un tasso di risposta del 19% contro l’11% delle terapie scelte dagli investigatori nel braccio di controllo, tasso che sale notevolmente se si prende in esame la porzione di arruolati con tumori che esprimono la GPNMB in misura maggiore: 32% vs 13%. Dati impressionanti per l’ORR nei pazienti con carcinoma triplo negativo che è stata del 21% contro lo 0% del gruppo di controllo. Se si prendono in considerazioni i pazienti con alta espressione della GPNMB arriviamo all’incredibile 36% contro (ovviamente) lo 0% del gruppo di controllo. La cosa più stupefacente di EMERGE è che i pazienti che ne fanno parte sono stati trattati in modo pesante precedentemente, il che fa assumere ai dati una valenza ancora maggiore. A questo va aggiunto il merito alla compagnia di aver proceduto a validare un nuovo bersaglio,  facilmente perseguibile e diagnosticabile. Questo aspetto, indipendentemente dal farmaco, porta un notevole beneficio alla ricerca sulla malattia in generale.

Celldex potrebbe monetizzare quello che di buono EMERGE ha fatto vedere qualora risultati più maturi mettessero il punto esclamativo su efficacia e sicurezza. Il palcoscenico sarà il San Antonio Breast Cancer Symposium o, più semplicemente SABCS, che inizierà il 4 dicembre. SABCS. Memorizzate questo acronimo, mi raccomando.

Quale potrebbe essere il partner ideale? Se dipendesse da me, sceglierei Roche.

Celldex oltre a poter aspirare ad un partner di peso ha più di una possibilità di arrivare ad un’approvazione accelerata che si basi su una fase 3 appositamente disegnata, con un singolo braccio. Il motivo è semplice, FDA sta cambiando e le linee guida ora prevedono che si pigi sull’acceleratore, specie se si parla di cancro al seno. E qui ci siamo, anzi, siamo sul versante più ripido e infido del cancro al seno. Come dicevo ad inizio articolo, le strade percorribili per un’approvazione accelerata sono addirittura due, in un caso nel tumore triplo negativo, nel secondo in pazienti con tumori che esprimono alti valori della glicoproteina NMB. Se si sommano le due opportunità, il mercato potenziale è, sfortunatamente per i malati, molto grande.

CDX 011, giusto per concludere il discorso, ha mostrato segni piuttosto interessanti anche nel trattamento del melanoma.

Celldex però no è solo CDX 011. A dire il vero, fino a non molto tempo fa era tutt’altro. Celldex ha una pipeline davvero diversificata che comprende anticorpi monoclonali, ADC, un vaccino contro il cancro, un CR inibitore ed altro ancora. Date uno sguardo alla pipeline:

 

 

Rindopepimut è un vaccino contro il glioblastoma, ne ho parlato spesso e continuo a considerarlo come uno degli immunoterapici più interessanti la fuori. Il farmaco è impegnato in uno studio registrativo che richiederà ancora tempo, nel frattempo avremo a breve ulteriori aggiornamenti dalla fase 2 ACTIII e qualche indiscrezione del suo impiego assieme ad Avastin nella fase 2 chiamata ReACT. Il mercato del glioblastoma non è paragonabile a quello a cui punta CDX 011, ma il male è terribile e la prognosi infausta. Vista la zona in cui si formano le masse tumorali, il cervello, l’asportazione chirurgica dell’intera porzione affetta da questa malattia diventa impossibile, il che complica le cose. Rindopepimut è per certi versi unico fra gli immunoterapici in fase di sviluppo. L’ho già ricordato più di una volta e lo ribadisco (anche se magari un articoletto ci potrebbe stare, a breve), la stragrande maggioranza dei cosiddetti vaccini anticancro non produce nessun effetto visibile o misurabile sul tumore, si misura l’efficacia del trattamento solo con un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti. Rindopepimut va oltre, anche se non si tratta del classico scacco matto.

Rindopepimut, come potete vedere dall’immagine della pipeline, ha come bersaglio l’EGFRvIII, una variante del fattori di crescita epiteliale sovra-espressa in alcuni tumori, fra cui il glioblastoma.

Come dicevo prima, i vaccini raramente inducono una risposta nei confronti del tumore che sia misurabile. Nel caso di Rindopepimut il problema è più accentuato dal fatto che la terapia viene effettuata dopo la rimozione della maggior parte dei tumori attraverso l’intervento chirurgico e dal fatto che il vaccino sia somministrato assieme a temozolomide e radiazioni, quindi capire chi faccia bene il proprio lavoro  è difficile. Da qui la necessità di misurare la differenza di OS, sopravvivenza globale, fra il trattamento ed il placebo o lo storico.

Celdex ha però un asso nella manica. Alcuni ricercatori coinvolti nella sperimentazione di Rindopepimut (una volta conosciuto come CDX 110),  si sono accorti che dei 45 pazienti EGFRvIII positivi arruolati nelle loro sperimentazioni,16 hanno ricevuto il vaccino assieme alla terapia standard. Al ripresentarsi della malattia tutti i pazienti trattati con il farmaco di Celldex sono diventati EGFRvIII negativi, mentre gli tutti altri pazienti  sono rimasti EGFRvIII positivi.

Rindopepimut e CDX 011 rappresentano quindi un punto di partenza interessante, ma non sono le uniche frecce in faretra di Celldex, sebbene il resto della pipeline sia più indietro, dal punto di vista della sperimentazione. Il resto dei composti spazia dal potenziale trattamento di malattie ultra rare, a tumori solidi come del sangue. I dati arriveranno presumibilmente a partire dall’inizio 2013. Chissà se per allora Celldex avrà un partner. E quanto quoterà.

La cassa di Celldex è sufficiente sino al 2014, a detta del management, la rotta verso l’approvazione di CDX 011 con una fase 3 ad un unico braccio perseguibile, facendo leva sulla totale mancanza di terapie mirate e la sopravvivenza mediana per pazienti con cancro triplo negativo che è minore di un anno. Celldex ha anche il merito di aver dimostrato finora che il target a cui mira CDX 011 è ragionevole e di possedere strumenti sufficienti per verificare il biomarker per la scelta dei pazienti nella sperimentazione.

Manca solo la ciliegina sulla torta.