COME PUÒ ESSERE CHE UN FARMACO IN SPAGNA venga ritirato dal commercio per i suoi gravi effetti collaterali e in Italia venga prescritto talmente tanto da farne il suo primo mercato mondiale?

Il caso del nimesulide (principio attivo molto noto col nome di Aulin o Mesulid) è emblematico delle “stranezze” del mondo dei medicinali. Nel 2002, Spagna e Finlandia lo ritirano dal mercato per sospetta tossicità epatica. Cinque anni più tardi, l’Irlanda si accoda, dopo che sei pazienti sotto Aulin sono stati costretti al trapianto di fegato per grave insufficienza epatica. In mercati ghiotti come Giappone e Stati Uniti per il principio attivo non è stato nemmeno mai richiesta la registrazione.

In Italia di tutti questi dubbi non c’è traccia. Tanto che il nostro Paese consuma il 60% della produzione mondiale di nimesulide. Perché mai l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) non si è allarmata come le agenzie spagnola, irlandese e finnica? Per molto tempo ha ripetuto che, se correttamente assunto, i benefici del medicinale sono superiori ai rischi. Però, un paio d’anni fa, da un’inchiesta del pm Raffaele Guariniello, è spuntato un filmato che ritraeva il numero due dell’agenzia, Pasqualino Rossi, mentre riceveva una mazzetta da un mediatore di una casa farmaceutica per “lasciare tranquillo” l’Aulin.

Da allora, nulla è cambiato. L’Aifa si è solo limitata a girare ai medici italiani una circolare dell’Emea (l’Agenzia europea del farmaco) che, a febbraio scorso, ha imposto ai medici di prescrivere nimesulide solo se gli altri antidolorifici non hanno avuto effetto, mai per febbre o influenza. E comunque per non più di 15 giorni.

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