Alla fine, l’ASCO di Array ruoterà attorno a selumetinib ed al melanoma, sia nel bene che nel male. Anzi, non è detto che ci sia da scegliere, è probabile che accada sia il bene che il male. Array porta alla kermesse di Chicago i dati a lungo attesi delle fasi 2 che vedono impiegato selumetinib nel trattamento del melanoma, sia con mutazione BRAF che wild type oltre che a quelli nel melanoma uveale.

Iniziamo da DOC/MEK (NCT01256359), lo studio su pazienti senza mutazione. Studio randomizzato, in doppio cieco e multi-centro che vede pazienti suddivisi in due gruppi, uno destinato alla somministrazione di docetaxel e placebo, uno docetaxel e selumetinib. Ecco i risultati:

Between October 2010 and April 2012 eighty three patients were randomised at 18 sites from 257 patients screened. Progression free survival (PFS) favored combination therapy (HR 0.753, p=0.13), as did response rate (32 vs 14%, p=0.059) and 6 month PFS (40 vs 26%, p=0.19). Patients on docetaxel with selumetinib experienced more rash, diarrhea, febrile neutropenia and edema, but less neuropathy. Overall survival data and outcomes according to tumor NRAS mutation status will be presented.

Sia progressione libera da malattia (PFS) che tasso di risposta sono a favore di Selumetinib, ma i p value non confortano. Manca il dato più importante, ossia la sopravvivenza, che però non è endpoint primario, quindi non mi aspetto certo che lo studio sia stato disegnato con la sufficiente potenza per evidenziare un vantaggio in tal senso.

Altro studio, questa volta su soggetti con BRAF mutato. Endpoint primario sopravvivenza globale (OS), dei 385 pazienti presi in esame, 91 sono stati randomizzati a ricevere dacarbazina (DTIC) e selumetinib o DTIC e placebo. Al cut off per l’analisi, 66 eventi si sono verificati ed il follow up mediano è stato di oltre un anno. La sopravvivenza per il braccio attivo è stata di 13,9 mesi vs i 10,5 del controllo (HR 0,93 e p value 0,38) a dispetto di un notevole miglioramento in termini di progressione libera da malattia (5,6 vs 3 mesi; pvalue 0,02) ed un maggior tasso di risposta (40% vs 26%). A questi dati piuttosto difficili da valutare va aggiunto un profilo di sicurezza discutibile, visto che il tasso di drop out dallo studio è stato 4 volte maggiore nel braccio di selumetinib.

Due studi che per il momento non danno motivo di essere ottimisti, a prima vista. Guardiamo la questione nel suo insieme. Sebbene sia in pazienti mutati che in wild type l’aggiunta di selumetinib non abbia provocato miglioramenti degli di nota i trend giocano a favore di Selumetinib.

Se gli stessi studi iniziassero oggi il MEKi di Array sarebbe impiegato in combo con un BRAF inibitore in caso di mutazioni mentre tale altro farmaco sarebbe da evitare in caso di BRAF wild type. Dei due studi quindi, DOC/MEK è quello che più ha attinenza con l’odierna pratica clinica ed è quello che ancora può riservare sorprese in termini di sopravvivenza e di potenziale biomarker, aspetto questo che potrebbe risultare di particolare interesse nel caso di pazienti con mutazioni NRAS.

C’è poi un altro abstract di selumetinib che tuttavia è sotto embargo fino all’inizio di ASCO. Sempre melanoma, ma in questo caso si tratta di melanoma uveale:

  • Phase II study of selumetinib (sel) versus temozolomide (TMZ) in gnaq/Gna11 (Gq/11) mutant (mut) uveal melanoma (UM)

Lo studio in questione è una fase 2 condotta dal National Cancer Institute su soggetti con melanoma uveale (una forma di melanoma intraoculare) con mutazione dei geni Gnaq o Gna11 e vede Selumetinib contrapposto a temozolomide, con endpoint primario la progressione libera da malattia. Chiaro è che se i dati non fossero di una certa valenza, l’abstract sarebbe stato diffuso assieme agli altri. La cattiva regolazione del MAPK pathway avviene in una percentuale variabile (a seconda degli studi) dal 50 all’80% di tutti i casi di melanoma uveale, mentre la mutazione BRAF gioca un ruolo di più difficile interpretazione ma ridotto in termini numerici. In passato AstraZeneca ha già condotti studi su simili pazienti, impiegando anche un mTOR inibitore e la mancanza di opzioni terapeutiche valide fanno di questa indicazione un modo interessante di smarcare il farmaco dalla feroce concorrenza che si sta instaurando nell’ambito del trattamento del melanoma. Ma nel campo del melanoma uveale? Non mi risultano fasi 3 aperte all’arruolamento in questo ambito, mentre se analizziamo le fasi 2 ci accorgeremo che qualche MEK inibitore lo si può trovare. Nessuna sorpresa se cito MEK 162, sempre di Array ma in collaborazione con Novartis, ad esempio. Ma se dicessi che in un’occasione ci ha provato GlaxoSmithKline con trametinib ed ha fallito? Sia chiaro, la fase 2 in questione non ha arruolato nemmeno un soggetto:

 

 

Selumetinib è già stato impiegato in pazienti con melanoma uveale, ma non nella corrente formulazione in capsule. Vi ho già detto in passato quanto abbia fatto la nuova formulazione in termini di efficacia nel caso del tumore al polmone KRAS mutato, è quindi lecito attendersi dati ancor migliori rispetto a quanto fatto registrare in passato. Vediamo come andò allora.

Lo studio in questione era una fase 2 in aperto e multi-centro che  ha arruolato solo 20 pazienti con melanoma uveale rispetto ai 200 totali al fine di meglio rappresentare l’intera popolazione di affetti da melanoma. Gli arruolati sono stati randomizzati (1:1) a ricevere temozolomide (TMZ) o selumetinib e l’endpoint primario, la sopravvivenza libera da malattia, è stata verificata alle settimane 6, 12 e successivamente ogni 8 settimane.

Centocinquantotto pazienti fra gli arruolati possedevano una mutazione BRAF/NRAS, in particolare 73 (il 46,2%) BRAF e 28 (il 17,7%) NRAS. Nessun paziente ha mostrato sia l’una che l’altra mutazione mentre in 42 casi la mutazione non è stata accertata nelle biopsie del tumore.

Sebbene  i due gruppi non fossero perfettamente bilanciati (ad esempio in quello di selumetinib c’erano più donne e più mBRAF), nell’insieme i pazienti rappresentavano un campione simile alla popolazione di malati di melanoma e comunque i fattori di sbilancio sono stati inclusi nell’analisi.

Dei 20 pazienti con melanoma uveale di 12 è stato possibile effettuare analisi per determinare mutazioni ed è stato così determinato che 4 tumori erano GNAQ mutati ed 8 wild type. Sebbene i numeri qui siano molto piccoli alla fine selumetinib, pur fallendo nel dimostrare un vantaggio nella popolazione ITT ha ottenuto un risultato molto positivo (HR 0,7) nel sottogruppo di pazienti con melanoma uveale.

 

Il lato oscuro di selumetinib.

 

L’impiego di MEK inibitori nel melanoma uveale, specialmente laddove si presentino mutazioni dei geni GNAQ e GNA11 ha dimostrato un vantaggio in diverse occasioni, come nel caso di TAK 733 di Millennium, giusto per citarne uno.

Trametinib di GlaxoSmithKline è il lato oscuro di Selumetinib. Non può essere MEK 162, se non altro per l’ovvia considerazione che anch’esso è un farmaco di Array. Potrebbe esserlo per AstraZeneca, che però sembra volersi smarcare andando a cercare indicazioni diverse, come il carcinoma della tiroide e il tumore al polmone con mutazione KRAS. Proprio questo poteva essere uno degli spauracchi di ASCO, ma i dati portati da GlaxoSmithKline non sono per nulla stupefacenti, solo leggermente meglio di quanto mi attendessi, visto le fasi di sperimentazioni precedenti. Questo l’abstract presentato:

MEK114653: A randomized, multicenter, phase II study to assess efficacy and safety of trametinib (T) compared with docetaxel (D) in KRAS-mutant advanced non–small cell lung cancer (NSCLC).

I dati riguardano 129 pazienti mKRAS randomizzati a ricevere trametinib (86 soggetti) o docetaxel (43). La progressione libera da malattia mediana per il braccio attivo è stata di 11,7 mesi contro 11,4 del controllo. Il tasso di risposta è stato del 12% per tutti e due i bracci. Alla scarsa se non  nulla efficacia vanno aggiunti 5 eventi fatali che si sono registrati nel braccio di trametinib, mentre nel braccio di controllo ciò non è avvenuto. AstraZeneca ha (si, di nuovo) annunciato l’intenzione di partire a breve con la fase 3 nel tumore al polmone mKRAS.

 

Per quanto riguarda Array questa edizione di ASCO è lontana dal potersi dire conclusa. Non mi sento di mettere da parte lo studio che vede coinvolto selumetinib nel melanoma vs DTIC, nonostante tutto e sono ancora curioso di vedere come si comporta in quello uveale.

C’è poi un ulteriore motivo di interesse, passato finora in sordina. L’altro MEKi di casa Array è MEK 162.

Quest’anno ad ASCO portano i dati preliminari di una fase 1/2 del farmaco in combo con il BRAFi di Novartis, partner di Array per MEK 162. Al cut-off di gennaio 2013, 20 pazienti sono stati trattati con LGX 818 (il BRAFi di cui sopra), queste le caratteristiche delle neoplasie:

  • 7 pazienti con melanoma BRAFi naive
  • 9 pazienti con melanoma già trattati con BRAFi (leggasi zelboraf)
  • 1 paziente BRAF naive con carcinoma del colon-retto (CRC)
  • 1 paziente con CRC già trattato con BRAFi
  • 2 pazienti con carcinoma della tiroide

I pazienti sono stati trattati con dosaggi differenti senza che venisse ancora trovata una tossicità limitante, il che significa che c’è ancora un dosaggio in fase di sperimentazione. Una risposta completa è stata riscontrata su 7 pazienti valutabili fra soggeti con melanoma naive a BRAF inibitori (14%) oltre a 5 risposte parziali (71%). Altre risposte parziali si sono verificate in 2 pazienti con melanoma già trattati con BRAFi ed una in un paziente con cancro della tiroide.

I punti a favore sono il profilo di sicurezza del farmaco ed il fatto che non c’è un dosaggio massimo tollerato al momento, quindi le performances sono ancora migliorabili, anche se il discorso riguarda più LGX 818. Anche qui, per Array, più notize buone che cattive.

Torno a Selumetinib. Il melanoma uveale potrebbe essere una ulteriore indicazione perseguibile, nonostante la fase 2 sia stata condotta dal National Cancer Institute e non da AstraZeneca direttamente. Non resta che attendere il primo giugno per avere i dettagli di questo studio di notevoli dimensioni.

Avevo predetto un ASCO simile a quello del 2012, con Nivolumab e Selumetinib protagonisti. La prima parte della previsione si è avverata, sfortunatamente parte degli splendidi dati di Nivolumab riguardano proprio il melanoma, in combo con Ipilimumab. Vediamo se la seconda parte della previsione si avvera e se Selumetinib ed il melanoma saranno protagonisti durante il meeting di Chicago.

Il portafoglio virtuale non cambia di una virgola, per quanto riguarda Array. Almeno, non oggi.