Spesso mi è capitato di discutere sul fatto che a seguito di un’approvazione FDA (ma il concetto per l’Europa è analogo) il valore di un titolo raramente cresca da subito. Uno dei principali motivi di tanto in tanto lo ricordo anche qui, vendere farmaci non è semplice come si possa pensare. Ultimamente poi il discorso si è riproposto in maniera amplificata via mail a causa dell’inizio di commercializzazione di farmaci da parte di tre compagnie molto amate dagli italici investitori: Discovery Laboratories (DSCO), Cell Therapeutics (CTIC) e l’ultimo arrivato Arena  (ARNA).

Una volta passato l’ostacolo temibile del giudizio FDA, la partita cambia completamente. La compagnia deve dotarsi di una forza vendite, fare opera di istruzione all’uso del farmaco e, visto che parliamo di società a bassa capitalizzazione, spesso si tratta di dover fare tutto questo per la prima volta. Anche chi ha un partner per la vendita si ritrova in una condizione particolare, ma di sicuro parte avvantaggiato, a discapito del fatto che comunque riceverà solo delle percentuali sugli incassi. Spesso, dall’approvazione FDA alla commercializzazione passano interi mesi, perché mai un investitore  dovrebbe parcheggiare i propri soldi in un titolo con un simile tempo morto? La risposta potrebbe essere, perché crede che il farmaco, o la  terapia, venderà bene.

L’idea di poter partire subito ad introitare però, non appartiene a questo mondo, se non in misura ristretta a poche realtà. Lanciare sul mercato un nuovo prodotto è una sfida ardua. Non molto tempo fa sul “Pink Shee Daily” venivano riportati i dettagli di uno studio condotto da Leerink Swann & Co sul lancio di 64 nuovi farmaci negli ultimi 10 anni. Solo il 19 % di questi farmaci hanno comportato un apprezzamento del titolo, meno di uno su 5. Gli analisti hanno individuato dei criteri che potrebbero aiutare l’investitore nella ricerca del giusto posto dove mettere i risparmi ed in linea generale, gli aspetti da tenere in considerazione sono questi:

  1. aziende con già un farmaco in commercio, possibilmente nella stessa area terapeutica del prodotto da lanciare.
  2. farmaci da impiegare con continuità, per malattie croniche.
  3. nessun partner con cui dividere gli incassi per quanto riguarda il mercato principale, cioè quello di appartenenza (per le ditte a stelle e strisce il mercato l’America del nord, per un azienda francese, l’Europa)
  4. il prezzo, dai 40,000$ in su si comincia a ragionare.

Ovviamente la lista è incompleta, non garantisce il successo e serve solo da indicazione.   Da questa analisi sono partito per realizzare la seguente tabella:

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Qualche considerazione. Di alcuni farmaci elencati ho parlato spesso, qualcuno è entrato in portafoglio virtuale proprio per le possibilità di vendita a cavallo delle trimestrali, come Jakafi di Incyte. Ci sono farmaci che appartengono a compagnie a capitalizzazione maggiore di quelle che seguo di solito, una fra tutte Vertex, ma non mancano small cap.

Vertex mi fa andare al manicomio per come il management stia gestendo  lo sviluppo di Kalydeco ma questa loro assurda condotta può essere vista come lo spunto che di tanto in tanto ci viene fornito per tentare un ingresso. Kalydeco ha un valore enorme, e non solo dal punto di vista della compagnia.

Altra considerazione. ISIS e Mipomersen sono inclusi nella lista, ma simile ragionamento può essere fatto per Aegerion, che ha in cantiere un farmaco per certi versi molto simile e scadenze del tutto paragonabili. Aegerion però ha il vantaggio di capitalizzare molto meno rispetto al concorrente.

Anche qui, ovviamente, vale il rapporto rischio/beneficio legato alla capitalizzazione.